Non uno di meno di Zhabg Yimou

Vincitore non a sorpresa (era uno dei favoriti) dell’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Non uno di meno di Zhang Yimou è un film che apparentemente parla della scuola, racconta cioè una storia ambientata in una piccola scuola elementare di un villaggio di campagna nella provincia di Pechino. Un film dove si parla del problema del degrado della scuola pubblica, un problema di estrema gravità ed attualità nella Cina dei nostri giorni. Dico apparentemente, perché, al di là dell’intenzione dichiarata del regista, il film vuole essere qualcosa di più del suo “messaggio esplicito” riassunto nella didascalia finale. Il film è sì un film politico, ma va al di là dell’esplicito o, meglio, si arricchisce grazie ad altri elementi, meno evidenti, ma altrettanto importanti.Esistono nel film più livelli di lettura: un primo immediato livello riguarda l’immagine della scuola che emerge dal film. Tutti i personaggi sono ossessionati dalla necessità di mantenere in vita la scuola, un edificio fatiscente, che casca a pezzi, colpito in profondità dagli abbandoni, senza materiale didattico (il maestro Gao consegna alla giovanissima supplente un numero limitato, razionato, di gessetti per non sprecarli).
E’ questo il livello più esplicito del film, che Zhang Yimou mette in evidenza soprattutto nel finale, in cui grazie a una serie di fattori la scuola del villaggio di Shuiquan potrà sopravvivere. Ma ad un secondo livello di lettura il film si scopre più ricco di un semplice film a tesi, di un’opera cioè in cui la storia e le immagini sono al servizio di una tesi da propagandare o da mettere il più possibile in evidenza. Wei Minzhi vuole solo riportare a scuola Zhang Huike, ma il suo appello in televisione colpisce perché diventa – una volta trasformato in messaggio mediatico – un appello a favore della scuola pubblica. La ragazzina diventa, inconsapevolmente, il tramite per un messaggio sociale e politico. Ma è proprio la testardaggine e l’inconsapevolezza della giovane maestra ad aprire un secondo livello di lettura del film. Nessuno degli attori presenti in Non uno di meno infatti è un professionista: Wei Minzhi è una studentessa, Zhang Huike è un alunno delle elementari, il maestro Gao è un vero maestro, così come il sindaco Tian. Yimou utilizza volti e corpi di attori non professionisti che mettono in scena fondamentalmente loro stessi: in questo senso, gli attori non recitano, si mettono in mostra, diventano essi stessi il tramite delle loro emozioni, delle loro sensazioni, dei loro pensieri. Il tramite, cioè, della loro condizione di uomini e donne della Cina attuale. Il film si divide in due parti.- nella prima, ambientata nel villaggio di Shuiquan, lo spettatore assiste ai rituali della scuola, ai goffi tentativi della bambina-maestra di insegnare qualcosa ai suoi alunni, ma, soprattutto, di impedire che anche un solo alunno lasci la scuola. E a questo compito si dedica con tutte le sue forze. Nella seconda parte, ambientata in città, si assiste al viaggio di Wei decisa a riportare a tutti i costi Zhang Huike a scuola. La ragazza non comprende i ritmi, i rituali, gli spazi della città, così come non comprendeva quelli della scuola e del piccolo villaggio di campagna. Le cose, gli eventi, le trasformazioni accadono intorno a lei, non in lei. Il film non è semplicemente la sua trama. Yimou ci offre il ritratto di una “donna senza qualità” nella Cina contemporanea, non più un’attrice professionista come Cong Li che nel suo ultimo film La storia di Qui jou recita la parte di una donna inconsapevole sì, ma forte e decisa, quanto lo sguardo dolcemente miope di una ragazza che non sa, e non vuole sapere. Eppure il ritratto che emerge in Non uno di meno non è amaro. Yimou guarda con amore ai suoi personaggi, dei non attori che fanno se stessi, che mettono in scena le loro reazioni, le loro emozioni e i loro sentimenti. Racconta il regista: “In genere chiedevo ai ragazzi e agli altri interpreti che cosa avrebbero fatto in una data situazione. Loro mi raccontavano come avrebbero reagito e io dicevo loro di fare esattamente lo stesso nelle varie scene” . Quello che emerge quindi ad una lettura più attenta del film, al di là del suo esplicito significato, è il senso di uno spaesamento. Lo spaesamento dell’individuo di fronte ad una realtà che a stento riesce a comprendere nei suoi elementi principali, e che muta in continuazione. E’ in questo senso inoltre che il film di Zhang Yimou è politico. Non tanto e non solo perché pone l’attenzione su un problema politico e sociale come quello della scuola pubblica, quanto perché trasforma in immagine un modo di vivere, una caratteristica dell’individuo contemporaneo, sempre più distante da un mondo le cui regole sono più grandi di lui.